I giardini d’infanzia: Fröbel “inventa” la scuola materna
La scuola materna, intesa come luogo in cui i bambini piccoli possano imparare giocando, cantando e ascoltando storie, nasce nella prima metà dell’Ottocento dai giardini d’infanzia ideati da Friedrich Fröbel.
Fröbel, vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento, tedesco, figlio di un pastore protestante, nel 1826 pubblicò il suo libro più famoso: “L’educazione dell’uomo”.
Nel 1836, dopo vari tentativi, creò a Blankenburg, in Turingia, una scuola che chiamò “giardino d’infanzia” (Kindergarten), destinata a bambini orfani da 1 a 6 anni. Questa fu la prima di molte altre scuole che Fröbel potè fondare in Germania, sulla scia del successo delle sue nuove teorie pedagogiche.
Altri giardini d’infanzia iniziarono a sorgere anche in altri stati europei (Spagna, Paesi Bassi, Russia) e dal 1872 i giardini d’infanzia fornirono il modello educativo adottato ufficialmente nell’Impero austroungarico per le istituzioni scolastiche finalizzate ad accogliere bambini molto piccoli, mentre in Italia i giardini d’infanzia furono oggetto di un duro attacco della Chiesa cattolica, che guardava con sospetto a teorie pedagogiche provenienti da ambienti protestanti.
Tuttavia, nonostante le forti resistenze, le teorie di Fröbel portarono comunque profonde trasformazioni nelle idee sull’educazione del bambino nella prima infanzia, tanto che s’ispireranno a lui importanti figure della pedagogia italiana, come le sorelle Agazzi e Maria Montessori.
I “doni” di Fröbel: giochi in legno per imparare e per esercitare la fantasia
Fröbel è un precursore quando sostiene l’utilità del gioco per i bambini piccoli: “Attraverso il gioco, il bambino si schiude alla gioia e s’illumina di gioia: la gioia è l’anima di tutto a questa età”. Convinto dell’importanza del gioco, egli stesso si dedicò alla progettazione di giochi che aiutassero i bambini ad esprimere e a sviluppare le loro potenzialità.
A questo scopo, Fröbel progettò degli oggetti di legno: sfere, cubi e cilindri dipinti di colori primari e di dimensioni diverse, ma sempre adatte alla manipolazione dei bambini. Le tre forme di base erano state individuate in base alla loro capacità simbolica di rappresentazione dell’unità (la sfera), della molteplicità (il cubo, scomponibile in parallelepipedi rettangoli), e della combinazione dell’uno e del multiplo (il cilindro, combinazione della sfera e del cubo). Gli oggetti potevano essere composti e scomposti in modi infiniti, in maniera bidimensionale o tridimensionale. Potevano servire per costruire un castello, per dare forma alle lettere dell’alfabeto o per comprendere il concetto di frazione, ma potevano anche rappresentare oggetti d’uso comune, come frutti, alberi, case.
I bambini in questo modo potevano accostarsi alle scienze, alla matematica, alla geometria, alla storia, aprirsi al contatto con la natura ed esercitare la fantasia e l’inventiva, esprimendo creativamente i propri pensieri e le proprie idee. Fondamentale, in queste esperienze, era il ruolo assegnato agli adulti, genitori o insegnanti, che dovevano presentare gli oggetti al bambino, stimolandone tutte le potenzialità di osservazione e di esperienza tattile, offrendo suggerimenti per un uso sempre nuovo.
Fröbel aveva chiamato questi oggetti “doni”, prevedendo anche una scatola in cui i bambini potessero riporli alla fine del gioco, apprendendo così il concetto del rispetto.
Il gioco, “esperienza indimenticabile”
Frank Lloyd Wright, uno dei maggiori architetti della prima metà del ‘900, ricordava che sua madre nel 1876, all’esposizione internazionale organizzata a Philadelphia in occasione del centenario della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, aveva visto i giochi fröbeliani e li aveva acquistati per il figlio, spronandolo a giocarci ed esortandolo a comporre “bene” i vari pezzi. Quei blocchetti di legno erano ben impressi nella memoria di Wright, che li definiva “un’esperienza indimenticabile”.
Ancora oggi i giochi ispirati ai “doni” fröbeliani (costruzioni e tesserine di legno, bastoncini, sfere) sono amati dai bambini al di là di ogni moda.