Il bambino di Taung: Australopithecus africanus
Nel 1924 fu scoperto nel Sud dell’Africa, a Taung, il cranio di un individuo di sesso indeterminato morto ad un’età superiore ai tre anni e probabilmente all’età di sei anni. Questi resti, vecchi di circa 2 milioni di anni, appartengono a una specie fino ad allora sconosciuta, che costituisce il legame tra le grandi scimmie e l’uomo: l’australopiteco.
Il fossile fu trovato in una cava di pietra e venne usato come fermacarte dal direttore della società che sfruttava le cave. Fu notato però da un geologo, che ottenne il permesso di mostrarlo a un anatomista dell’università di Johannesburg, Raymond Dart. Quest’ultimo liberò il cranio dalla pietra che lo includeva, ottenendo così un campione unico per i pezzi recuperati: cranio, mandibola con denti e una parte dell’endocranio, che ha consentito di valutare anche la capacità cerebrale.
Nel 1925, Dart pubblicò i risultati dei suoi studi sulla rivista “Nature“, sostenendo che il cranio apparteneva a un bambino che non rientrava nelle specie delle grandi scimmie, né in quella dell’uomo (Homo), ma rivelava l’esistenza di una nuova specie, che chiamò Australopithecus africanus. Tuttavia le teorie di Dart furono accolte molto tiepidamente dalla comunità scientifica del tempo e vennero rivalutate solo alcuni decenni più tardi. Oggi i reperti si trovano presso l’Università di Witwatersrand, presso Johannesburg.
Remembering Raymond Dart #OnThisDay, discoverer & namer of the first Southern Ape from Africa, Australopithecus africanus. #TaungChild pic.twitter.com/CizNCbqHT1
— Paige Madison (@FossilHistory) November 22, 2016
Come tutti gli australopitechi, il bambino di Taung si distingueva dalle scimmie per il suo modo di camminare: anche se non incedeva ancora completamente diritto, era un bipede in permanenza, mentre le scimmie lo sono solo occasionalmente.
Non possediamo il resto dello scheletro del bambino ma, per analogia con le ossa di altri australopitrechi, lo si può immaginare con delle braccia corte, come i bambini d’oggi, ma molto potenti, per potersi arrampicare sugli alberi. Doveva essere senza dubbio più piccolo di un bambino di sei anni della nostra epoca, perché da adulto sarebbe arrivato al massimo a un’altezza di 1,25 m e a un peso compreso tra i 25 e i 30 Kg. Anche il cervello del bambino doveva essere più piccolo di quello di un bambino odierno. In effetti, la capacità del cranio ritrovato è circa quattro volte minore di quella di un individuo della specie Homo sapiens della stessa età. Questa limitata capacità era dovuta alle proporzioni ridotte della cavità cranica e a una fronte ancora troppo stretta.
I denti del bambino di Taung ci dicono che era onnivoro. Doveva mangiare principalmente dei vegetali (radici, frutti selvatici), ma anche della carne, prelevata da animali uccisi dai felini e sottratta a questi dagli adulti, o da carogne disputate ai predatori.
Ayeee … it’s the #FossilFriday before #Thanksgiving! #TaungChild pic.twitter.com/m82RdOQLVO
— NatGeo Education (@NatGeoEducation) November 17, 2017
Lo studio della morfologia endocranica di altri individui della specie Australopithecus permette di affermare che il bambino non disponeva di un linguaggio articolato.
Il bambino di Laetoli: Australopithecus afarensis
Una cinquantina d’anni dopo la scoperta del bambino di Taung, nel 1976, l’archeologa britannica Mary Leakey scoprì a Laetoli, in Tanzania, le tracce di un altro bambino. Questo giovane individuo è conosciuto unicamente per le impronte dei suoi passi, che formano una pista di 70 m nel fango ricoperto da cenere vulcanica successivamente indurita. Queste impronte sono accompagnate da quelle di due adulti. Gli elementi salienti sono i seguenti:
- le tracce vanno tutte nella stessa direzione e per questo motivo si ipotizza che i tre individui costituissero un gruppo familiare;
- vi è l’assenza di tacche lasciate dall’appoggio delle nocche delle mani, pertanto si presume che gli ominidi camminassero abitualmente in posizione eretta;
- le impronte dei piedi sembrano proprio umane: non mostrano traccia di un pollice del piede mobile, come quello delle scimmie, e presentano l’arco sottoplantare tipico della specie umana.
Queste impronte, datate a 3.600.000 anni fa, rendono il bambino di Laetoli il più antico del mondo, appartenente alla specie più antica degli australopitechi, Australopithecus afarensis, anteriore a quella in cui rientra il bambino di Taung e che si sviluppò probabilmente quasi un milione di anni dopo.
Recentemente, a Laetoli sono state scoperte le orme di due nuovi individui, distanti solo 150 metri dal precedente gruppo di orme. Per uno dei due nuovi individui, che si ipotizza fosse un uomo, si stima un’altezza largamente superiore alle altezze stimate in precedenza per altri australopitechi appartenti alla specie Australopithecus afarensis. Ciò supporta la tesi secondo cui la corporatura poteva variare in modo considerevole tra individui della stessa specie.
3.66-million-year-old footprints from #Laetoli provide evidence that early hominins varied markedly in body size https://t.co/WjNYpN5DRo pic.twitter.com/iQCdrccxEx
— eLife – the journal (@eLife) December 14, 2016